Logistica ad est: una strategia per l’Adriatico
| Sommario | Pag. |
| 1. Considerazioni di sintesi | 1 |
| 2. La piattaforma logistica | 9 |
| 2.1. I valichi | 11 |
| 2.2. La rete viaria e ferroviaria | 17 |
| 2.3. Il grande lago adriatico | 23 |
| 2.4. Prospettive di sviluppo: i corridoi paneuropei | 33 |
| 3. L’economia dei flussi | 39 |
| 3.1. Le relazioni commerciali | 43 |
| 3.2. Lo scambio marittimo | 49 |
| 3.3. Gli investimenti | 53 |
| 3.4. La mobilità individuale | 55 |
| 3.5. L’inclusione sociale | 57 |
| Appendice – Il dettaglio relazionale delle regioni adriatiche | 61 |
Considerazioni di sintesi
Premessa: l’approccio di “quadrante”
Ragionare di sviluppo del Nord Est, e più in generale dell’area italiana che afferisce all’intera sponda adriatica, significa oggi e sempre più per gli anni a venire allargare la prospettiva di riflessione alla dimensione geo-economica e relazionale che, per adiacenza o complementarietà, si pone come referente immediato dei singoli territori: Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, sono tutte regioni, infatti, che vedono nella sinergia transfrontaliera una componente fondamentale del proprio potenziale di evoluzione socio-economica.
Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia, Croazia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Jugoslavia, Macedonia, Bulgaria, Grecia, Turchia, divengono dunque le tredici aree di protagonismo che, insieme alla sponda adriatica nazionale, possono individuare un quadrante europeo sud-orientale costituito di sinergie continue e crescenti.
Sono diverse le fenomenologie che contribuiscono ad alimentare, più o meno direttamente, i livelli di coesione “reale” interni a questo quadrante, ma invero traggono tutte una comune origine da quella osmosi bipolare generata dai differenti gradienti di sviluppo tra territori: da un lato, infatti, l’Italia, più avanti nel proprio percorso economico e sociale, rappresenta per larga porzione dei tredici Paesi del quadrante una legittima aspirazione a migliori livelli di occupazione e benessere, con conseguente spinta centrifuga delle risorse umane disponibili; dall’altro, la regione transfrontaliera meno sviluppata interpreta per le nostre regioni frontaliere – e non soltanto per esse – una appetibile occasione per colmare le lacune emergenti di manodopera, terreni per usi produttivi, espansione dei mercati di consumo, etc., recando una spinta centrifuga di pari intensità, anche se di verso opposto, alla precedente, densa di forze imprenditoriali e finanziarie. Peraltro, anche nella dimensione di governo, elementi di valutazione affatto diversi da quelli appena sintetizzati contribuiscono ad accrescere l’interesse per una risoluzione strategica e ragionevolmente pianificata delle varie tensioni e pulsioni in campo, dando così origine a una moltitudine di occasioni di finanziamento e progettazione di interventi di sviluppo locale.
In effetti, un mercato di quasi 160 milioni di persone – pari a circa tre volte l’intera popolazione italiana – con un Prodotto Interno Lordo sostanzialmente dimezzato rispetto a quello nazionale ma con tassi di crescita molto superiori, ad elevato potenziale di diffusione industriale, sempre più dipendente da dinamiche di interrelazione mondiale (siano esse di import/export che di investimento diretto estero), incide sostanzialmente sui vettori strategici dell’imprenditorialità italiana, così come sulle prospettive di convivenza e comunità in molte aree, sotto il condizionamento di nuove forme di accoglienza e multietnicità delle fonti sociali.
Dunque, l’effetto simultaneo delle forze centrifughe e centripete in atto, nei fatti si pone come il collante di base per l’identificazione di una dimensione da “quadrante europeo sud-orientale” in cui collocare le previsioni di ulteriore espansione economica e sociale del nostro paese, così come dei suoi partner frontalieri.
Per ragionare di questo quadrante, dei suoi punti di forza e di debolezza, della sua traiettoria evolutiva, può essere utile prendere le mosse dalla struttura primaria che ne costituisce al tempo stesso la premessa fondamentale e l’implementazione positiva di ogni scenario incrementale futuro: lo schema infrastrutturale e logistico, ovvero l’innervatura di base sulla quale si può attivare la mobilità di persone e merci, precondizione di ogni interscambio e sviluppo possibile.
L’analisi: flussi e luoghi della logistica europea sud-orientale
In questo documento, pertanto, come primo momento di indagine inerente al più ampio progetto “Convergere ad Est – Programma di ricerca/azione per promuovere una integrazione culturale e istituzionale di Venezia e del Nord Est all’interno del quadrante europeo sud-orientale”, si è scelto di approfondire proprio i temi delle infrastrutture e della logistica all’interno del quadrante considerato, nel tentativo di focalizzare l’attenzione, sia pur senza pretesa di esaustività, su questo primo tema di integrazione strutturale e funzionale.
In particolare, l’analisi condotta nel presente testo fa riferimento a due momenti essenziali della sinergia relazionale interna all’area: da un lato, l’economia dei luoghi, l’esame della piattaforma infrastrutturale e logistica che attraverso i suoi snodi territoriali e funzionali costituisce la rete dei canali “fisici” su cui veicolare gli impulsi di circolazione dei flussi di persone, merci e risorse finanziarie; dall’altro, l’economia dei flussi medesimi, ovvero tutta l’ampia matrice di relazioni che vengono intrattenute, sotto il versante economico e sociale, tra le differenti singole regioni.
Entrambi gli aspetti, peraltro, richiamano i due elementi fondanti del percorso di globalizzazione in atto a livello planetario, dal momento che proprio dall’intreccio dell’economia dei flussi – la dimensione globale – con quella dei luoghi – la dimensione locale – scaturiscono gli effetti dell’integrazione crescente tra paesi, economie, culture, società.
Per quanto riguarda il primo elemento di indagine, l’economia dei luoghi, la ricostruzione dettagliata della piattaforma infrastrutturale e logistica alla base del quadrante – per la quale si rimanda al secondo paragrafo di questo testo – segnala all’attenzione un percorso di lento e accidentato accompagnamento alle dinamiche relazionali dei flussi di scambio. Ciò è stato sottolineato, in particolare, nell’analisi:
– dei valichi alpini, che rappresentano sovente dei veri e propri “colli di bottiglia” nella competitività del nostro paese sui mercati europei;
– della rete viaria e ferroviaria attuale, ancora largamente incompleta sia nella componente adriatica interna che in quella europea sud orientale, con conseguente alimentazione dei divari e degli squilibri logistici tra i singoli paesi;
– del cosiddetto “lago adriatico”, ovvero della componente marittima in continua evoluzione, forse l’unico vero punto di forza attualmente disponibile, almeno sotto il versante italiano, per supportare l’interscambio logistico del quadrante, anche se ancora troppo frammentato dal punto di vista sistemico e non adeguatamente “illuminato” da strategie nazionali di supporto e coordinamento con le altre infrastrutture, in primo luogo viarie e ferroviarie;
– infine, della prospettiva futura delineata attraverso la lettura dei corridoi paneuropei, che ha evidenziato come la contrattazione politica e funzionale, prima, e i tempi di gestazione delle infrastrutture, poi, rischiano di diventare pesanti fardelli nel percorso di riallineamento delle esigenze dello sviluppo reale con quelle della logistica.
Per quanto concerne, invece, il secondo aspetto di indagine, la dinamica dei flussi relazionali che intercorrono tra le singole aree del quadrante, esso è stato esaminato sotto cinque punti di vista differenti ma complementari:
– gli scambi commerciali (sostanzialmente i processi di import/export);
– le modalità di vezione preminenti negli scambi, con particolare attenzione alla modalità marittima;
– gli investimenti diretti esteri, ovvero la componente di internazionalizzazione più “permanente” e impegnativa;
– la comunicazione a livello individuale e personale, rivisitata mediante il ricorso alla valutazione dei flussi di mobilità aerea di passeggeri;
– l’interscambio migratorio tra paesi, come elemento di caratterizzazione sociale della relazionalità nel quadrante.
Senza scendere qui nel dettaglio dei singoli aspetti – per il quale si rimanda direttamente alla lettura del terzo paragrafo di questo testo – i risultati della ricerca condotta convergono inequivocabilmente nel segnalare il progressivo ispessirsi della rete relazionale interna al quadrante, registrata, in particolare, attraverso la lettura dei valori di stock e di flusso delle diverse variabili considerate. In particolare, poi, la dimensione di interscambio tra le regioni italiane adriatiche e i tredici paesi esteri individuati nel quadrante lascia intravedere un ulteriore elevato potenziale di espansione prevedibilmente in atto nei prossimi mesi ed anni nei valori di integrazione sociale ed economica.
L’interpretazione: un quadrante diacronico
La sovrapposizione concettuale dei due piani di analisi, dunque l’incrocio territoriale tra economia dei luoghi ed economia dei flussi, ha così permesso di fornire una interpretazione generale dei processi di integrazione in atto nel quadrante europeo sud-orientale, almeno per quanto attiene al singolare angolo visuale delle infrastrutture e della logistica.
Dal confronto diretto tra la vivacità esponenziale della rete relazionale degli scambi economici e sociali e la lentezza e farraginosità del parallelo cammino di integrazione strutturale e funzionale tra le regioni del quadrante, infatti, è emerso un elemento di forte criticità nell’insieme dell’area. In altri termini, la versione infrastrutturale e logistica della convergenza di quadrante non appare altrettanto evoluta di quanto lo sia, nella realtà del quotidiano, la continua proliferazione di microrelazioni economiche e sociali in continua e graduale autoalimentazione. Registrandosi, pertanto, una critica diacronia tra modi e tempi dello sviluppo socioeconomico e modi e tempi della visione pianificatrice e regolatrice di governo del territorio.
Questo scenario pone all’osservatore due importanti questioni.
La questione europea: il lento accompagnamento strutturale alla veloce dinamica relazionale
Una prima problematica da affrontare, al livello europeo generale, e sud europeo orientale, in particolare, è quella di come coniugare le esigenze di velocità ed immediatezza dei processi relazionali tra le singole regioni con la lentezza e farraginosità dell’accompagnamento strutturale e di supporto.
La verifica degli attuali livelli strategici, anche e soprattutto nella dimensione delle prospettive aperte dai corridoi paneuropei – ma analogo discorso, mutatis mutandis, può valere anche per le altre componenti vettoriali – pone all’attenzione condizioni competitive e decisionali particolarmente difficili. In sostanza, anche la contrattazione dei corridoi e degli elementi strategici appare spesso confliggere con aspetti di efficienza ed efficacia, per seguire sentieri di difficile valutazione socioeconomica. Per non parlare, poi, in questo contesto, dello scottante tema dei valichi alpini.
Anche nella stessa dimensione conoscitiva, peraltro, non è difficile riscontrare tale problema, dal momento che non sono disponibili, ad esempio, neanche dati aggiornati sull’effettivo gradiente di mobilità che si registra tra i paesi del quadrante, ad ulteriore riprova – quando mai fosse necessaria – della implementabile informazione tecnica a sostegno decisionale e politico.
Dunque, un primo nodo emerso dall’analisi condotta è proprio quello della risoluzione in tempi brevi della diacronia esistente tra economia dei flussi ed economia dei luoghi all’interno del quadrante, laddove i rischi di
– inefficienza complessiva del sistema
– dirottamento delle direttrici degli scambi più convenienti
– distorsione delle condizioni competitive e di libero mercato di riferimento
– dispersione dei flussi economici e finanziari prevalenti
– allentamento delle pressioni regolatorie in ambito migratorio e sociale
solo per citarne alcuni, diverrebbero via via più elevati in presenza di una troppo a lungo protratta vacanza di progettualità efficace e funzionale ai diversi livelli territoriali.
La questione italiana: dare senso ed operatività al “sistema adriatico”
Una seconda questione, questa invece tutta italiana, è quella del posizionamento operativo e strategico delle regioni adriatiche all’interno di una sempre più avanzata prospettiva di integrazione nel quadrante europeo sud-orientale.
Come diffusamente noto, sino ad oggi dal punto di vista italiano (del Nord Est in particolare) l’approccio alla convergenza di quadrante è stato quello tipicamente nazionale, fatto di ingredienti in linea con la cultura del capitalismo molecolare: esperienze imprenditoriali individuali, esigenze personali, avventure molecolari, hanno contraddistinto la prima fase di espansione ad Est della imprenditorialità nostrana, seguendo quella sorta di “Febbre dell’oro” descritta in un testo di Venezia 2000 già a partire dalla seconda metà degli anni ’90; è mancata quella logica da “capitalismo renano”, fatta di un accompagnamento forte e addirittura preliminare da parte delle istituzioni e del mondo finanziario, come apripista alle imprese di nuove aree di insediamento e di mercato. Oggi e sempre più per gli anni a venire, occorre accrescere un pensiero strategico allargato tra tutte le classi dirigenti locali e non, con la finalità di modificare tale approccio alle logiche di quadrante, amplificando una presenza di contenuto e influente nelle strutture funzionali di riferimento (un buon esempio in questa direzione può essere il gruppo Unicredito con le sue recenti acquisizioni di istituti di credito in vari paesi del quadrante europeo sud-orientale).
All’interno di una cultura di innervazione molecolare, poi, perdura sotto il versante logistico e infrastrutturale una pesante lacuna strategica inerente al ruolo del bacino adriatico nella convergenza ad Est. Non appare chiaro, dall’analisi realizzata, infatti, né quale sia la dimensione effettiva della progettualità funzionale del corridoio adriatico italiano – un corridoio plurimodale, certamente, ma che appare costituito più da “giunzioni” fisiche, molte delle quali da lavori in corso, che da autentiche “relazioni” operative, soggettuali, sistemiche tra i singoli elementi che ne fanno parte – né quale sia il suo senso e contesto strategico di riferimento.
Sorge spontaneo, dunque, interrogarsi su di un duplice punto di vista:
– innanzitutto se la dorsale adriatica italiana possegga – attualmente o nelle previsioni immediate – una piattaforma infrastrutturale e logistica in grado di sostenere gli ingenti flussi relazionali che, come visto nel testo, legano le regioni adriatiche ai tredici paesi del quadrante. Il corridoio plurimodale in progettazione, infatti, non sembra ancora completo nella sua forma pianificata, soprattutto se si ha l’accortezza di misurarne le dimensioni con l’ottica di una reale complementarietà delle singole autonomie funzionali che la compongono (i porti, ad esempio, non appaiono sistematizzati nella logica di corridoio o piattaforma, da un lato con la giusta precauzione di lasciare alle forze del libero mercato la definizione degli assetti competitivi migliori e più efficienti, ma dall’altro dimenticando che nel giuoco della concorrenza internazionale spesso soltanto un approccio sistemico territoriale può essere in grado di contrastare positivamente la dinamica delle forze esterne al Paese);
– in secondo luogo, poi, e forse ancora prima del punto precedente, se esista un pensiero strategico che in qualche modo contempli il ruolo della piattaforma adriatica nazionale, nel suo insieme, all’interno del processo di integrazione ad Est italiano e comunitario. Qualcuno si pone il problema se il corridoio adriatico, anche ammesso che venisse attrezzato in maniera più che efficiente, dovrebbe assumere una funzione da protagonismo e accentramento di flussi e scambi, oppure di attraversamento, oppure di forza polarizzata multivocazione, o, ancora, di “portaerei” logistica per soltanto una parte dei paesi considerati (ad esempio i Balcani)? Oppure, sempre sotto la copertura di una pur ragionevole assunzione di libero determinismo delle forze di mercato, si sta dimenticando di lavorare sulle strategie complessive da sistema-Paese, scontando, ancora una volta, ulteriori ritardi dovuti all’approccio italiano da capitalismo molecolare? Dunque, in sostanza, la questione non irrilevante del “senso” dell’Adriatico nella strategia complessiva del Paese all’interno del quadrante.
Dalle analisi condotte in questo testo emergono due prime approssimative risposte a tali quesiti:
Per quanto riguarda il primo, la piattaforma infrastrutturale e logistica nell’Adriatico italiano attualmente non è visibile, ma potrebbe esserci negli anni a venire, anche se costituita, come già accennato, più di “giunzioni” che di “relazioni” (un corridoio plurimodale ma privo di integrazioni strategiche e soggettuali). In questo senso, gli accordi istituzionali locali in essere appaiono un buon tessuto relazionale di riferimento da accompagnare e far ulteriormente maturare.
Per quanto riguarda il secondo, invece, sembra mancare completamente una attribuzione di senso, una strategia, che indichi anche solo sommariamente cosa si vorrebbe che questa piattaforma interpretasse nello scenario di integrazione ad Est.
Prime conclusioni: lavorare sui punti di forza
Sulla scorta di tutte le riflessioni maturate nel corso dell’analisi svolta, dunque, si possono trarre prime, pur sommarie ed approssimative, conclusioni propositive su quelli che potrebbero essere gli assi portanti di una strategia infrastrutturale e logistica all’interno del quadrante europeo sud-orientale.
Più nel dettaglio, appare rilevante che il lavoro di integrazione funzionale sia al livello europeo che a quello nazionale possa rivolgersi, in prima battuta, alle dimensioni qualitative e quantitative già esistenti, facendo perno sui punti di forza che già oggi alimentano e sostengono la continua ed accresciuta relazionalità del quadrante.
Dando per scontato, infatti, che sia importante lavorare simultaneamente sui due fronti, quello della piattaforma infrastrutturale (sui luoghi della logistica) non meno che quello delle strategie (anche se non si può non sottolineare, ancora una volta, come le seconde, in realtà, dovrebbero essere definite a monte della prima), vale la pena rimarcare che i tempi dello sviluppo richiedono sinergie nel breve, nel medio e nel lungo termine; è soprattutto nel breve del quotidiano, però, che si accrescono i singoli potenziali produttivi ed occupazionali.
Assume quindi valenza strategica accompagnare sin da subito alla crescita ed alla conformazione sistemica tutti quei soggetti e vettori della logistica che, in qualche modo, già oggi interpretano un ruolo di protagonismo attivo e forniscono un contributo positivo alla catena logistica complessiva. In questo senso, la riflessione condotta consente, ad esempio, di suggerire come nel comparto marittimo, e segnatamente in quello portuale, si possano riscontrare numerosi elementi strutturali e funzionali da valorizzare e “mettere a sistema” per supportare la competitività del quadrante; in particolare, poi, per quanto attiene alla dorsale adriatica nazionale, che proprio in un sistema marittimo e portuale già oggi forte – ma da supportare e sostenere ulteriormente e più adeguatamente anche attraverso una cura di dettaglio delle giunzioni alle reti stradali e ferroviarie -, potrebbe trovare il cardine fondante per rilanciare una strategia complessiva italiana nella logistica ad Est.